Aumentata suscettibilità alle infezioni, febbre alta che non scompare neanche con gli antibiotici, stanchezza, fatica a respirare, pallore, sindrome emorragica. Sono questi i sintomi più comuni della leucemia mieloide acuta, malattia neoplastica del midollo osseo che colpisce circa 3-4 persone ogni 100mila abitanti. “Sono circa 2.000 l’anno le persone in Italia affette dalla malattia che, se non curata, porta alla morte. In particolare gli anziani, non a caso l’età media dell’insorgenza è di 68 anni. Ma questi pazienti sono i più difficili da curare per due motivi: la leucemia mieloide acuta dell’anziano, rispetto a quella del giovane, è intrinsecamente più aggressiva, e dal punto di vista delle terapie chi è avanti con gli anni le tollera meno”. Così all’Adnkronos Salute Roberto Cairoli, direttore Struttura di Ematologia dell’Ospedale Niguarda di Milano, in occasione del mese dedicato alla sensibilizzazione sui tumori del sangue. Dal punto di vista delle cure «siamo in un mo-mento di grande fermento sottolinea l’ematologo perché fino a poco tempo fa avevamo a disposizione solo alcuni farmaci chemioterapici classici, che comunque hanno dato grandissime soddisfazioni. La terapia per la leucemia mieloide acuta si divide in diverse fasi – spiega Cairoli. – La prima fase è la cosiddetta terapia di induzione, il cui obiettivo è la scomparsa apparente della malattia. Se dopo questa fase non si dà una terapia di consolidamento. la malattia torna fuori nel giro di poco tempo. Nella terapia di induzione sono stati impiegati dal 1973 ad oggi due farmaci chemioterapici (antracicline e Ara-C), che insieme inducono una remissione completa nel 60% dei casi circa, con una possibilità di sopravvivenza a 5 anni del 50%nei pazienti più giovani».